Italia: i siti di video-sharing sono da considerare come vere e proprie emittenti televisive?

Ai sensi di due recenti delibere - la n. 606/10 e la n. 607/10 - dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM), i siti web di video-sharing potrebbero essere considerati emittenti televisive.

Questo significa che tali siti potrebbero essere responsabili per violazione delle leggi sulla privacy e potrebbero essere tenuti a seguire le regole di programmazione e a pagare le aliquote delle stesse emittenti televisive tradizionali.

Pertanto, alcuni siti di streaming e video on-demand potrebbero essere soggetti agli stessi controlli editoriali delle tv tradizionali.

Ai sensi delle due delibere dell’AGCOM, i siti di video-sharing che soddisfano determinati criteri sarebbero classificati come emittenti televisive e come tali dovrebbero essere soggetti alle medesime regole.

L'addetto stampa AGCOM affermato che, in parte, la recente decisione AGCOM era basata su un caso del 2009 in cui si sono stati coinvolti diversi alti funzionari di Google per abuso di privacy e calunnia collegati a un breve video visualizzabile su Google Video raffigurante atti di bullismo su un bambino affetto da sindrome di Down da parte di tre compagni di scuola.

In quel caso, lo scorso aprile 2010, il Tribunale Penale di Milano ha stabilito che Google aveva agito  per profitto, essendoci voluti mesi per rimuovere un video del 2006.

Il giudice ha poi disposto la sospensione della pena a sei mesi comminata ai dirigenti coinvolti, ma non l’obbligo per Google di pagare la multa. La sentenza è stata impugnata.

Al fine di rendere più agevole la lettura di alcune delle novità introdotte dalla disciplina, l’Autorità ha predisposto un elenco di F.A.Q. le cui risposte hanno lo scopo di chiarire l’interpretazione delle disposizioni contenute nei regolamenti.

In particolare, ai sensi della Direttiva 2010/13/UE sono esclusi dal campo di applicazione dei regolamenti, oltre ad ogni forma di corrispondenza privata, come i messaggi di posta elettronica inviati a un numero limitato di destinatari, anche tutti i servizi la cui finalità principale non è la fornitura di programmi, vale a dire i servizi nei quali il contenuto audiovisivo è meramente incidentale e non ne costituisce la finalità principale. Sono, inoltre, naturalmente esclusi dal campo di applicazione dei regolamenti i servizi prestati nell’ambito di attività a prevalente carattere non economico e non in concorrenza con emittenti radiotelevisive, ogni corrispondenza privata, i servizi che non hanno come finalità principale la fornitura di programmi o nei quali il contenuto audiovisivo è solo accessorio.

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- per i servizi a richiesta, i cataloghi composti esclusivamente di programmi già trasmessi in modalità lineare, come la cd. catch-up tv o i servizi di archivio, e l’offerta di contenuti che, pur identificata da uno specifico marchio, non si configura come un catalogo autonomamente accessibile dal pubblico, come quelli inseriti all’interno di bouquet offerti direttamente al pubblico da un diverso soggetto.

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