I. Premessa.
Il Governo Italiano, a seguito della dichiarata incostituzionalità del D. Lgs. 28/2010 nella parte in cui introdusse l’istituto della cd “mediazione obbligatoria” (Corte Cost., Sentenza n. 272 del 6 dicembre 2012), ha reintrodotto detto istituto, seppur riformandolo parzialmente, mediante il D.L. 69/2013 recante “Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia” (cd. “Decreto del Fare” del 21 giugno 2013, convertito con modificazioni dalla Legge n. 98/2013, pubblicata in G.U. n°194 del 20 agosto 2013), in particolare mediante l’art. 84 recante interventi di modifica ed integrazione del D. Lgs. 28/2010.
Nel Comunicato Stampa del Consiglio dei Ministri n. 9 del 15 giugno 2013, con cui il D.L. n. 69/2013 è stato presentato, il Presidente Letta ha infatti espressamente riconosciuto la necessità di incidere sui tempi della giustizia civile italiana e migliorarne l’efficienza ridisegnando e reintroducendo il già noto istituto della mediazione civile e commerciale obbligatoria.
La mediazione in materia civile e commerciale così riformata e reintrodotta sarà obbligatoria per un periodo sperimentale di quattro anni, nel corso dei quali il Ministero dovrà eseguire un monitoraggio sugli esiti concretamente registrati nella prassi, e si applicherà a decorrere dal 21 settembre 2013.
Le intenzioni del legislatore vanno nella duplice direzione di deflazionare il sistema giudiziario rispetto all’insostenibile carico degli arretrati diminuendo nel contempo il rischio di accumulare nuovi ritardi.
La rilevante novità consiste nella reintroduzione della cd. mediazione obbligatoria, il cui tentativo va esperito prima di iniziare il procedimento giudiziale ponendosi come vera e propria condizione di procedibilità per una serie di materie ed il cui esito potrebbe influenzare, come chiarito a breve, la decisione del giudice in sede di ripartizione delle spese di lite.
Fatte salve le disposizioni già previste dall’ordinamento italiano in materia di procedimenti obbligatori di conciliazione e mediazione, il decreto legislativo n. 28/2010 (così come aggiornato dal cd. Decreto del Fare) prevede tre diversi tipi di mediazione:
1. facoltativa, vale a dire liberamente scelta dalle parti;
2. giudiziale, quando è il giudice ad invitare le parti ad intraprendere un percorso di mediazione (in tal caso l’invito potrà essere fatto dal giudice in ogni momento, ma in ogni caso, prima dell’udienza di precisazione delle conclusioni ovvero prima della discussione della causa);
3. obbligatoria, quando è imposta dalla legge e si pone come condizione di procedibilità per l’avvio del processo.
Il decreto definisce la mediazione come l’attività, comunque denominata, svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti tanto nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una lite (mediazione compositiva), tanto nella formulazione di una proposta per la risoluzione di una controversia (mediazione propositiva).
Le parti potranno rivolgersi ad organismi ed enti, sia pubblici che privati, abilitati a svolgere l’attività di mediazione che debbono essere iscritti in un apposito Registro istituito con decreto del Ministro della Giustizia.
II. Mediazione Obbligatoria.
È certamente questa la novità maggiore (re)introdotta, stante la previsione di improcedibilità della controversia in mancanza di preventivo esperimento del procedimento di mediazione. Questa particolare forma di mediazione è stata prevista per una serie di materie quali: condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di azienda, risarcimento del danno da responsabilità medica, risarcimento del danno da diffamazione a mezzo stampa o altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari.
Tuttavia, per avviare il procedimento di mediazione obbligatoria sarà ora necessaria la presenza di un avvocato (come prescritto dal nuovo comma 1 bis dell’art. 5 D.Lgs. 28/2010).
La singola mediazione dovrà avere una durata non superiore a tre mesi (in luogo dei quattro mesi della precedente disciplina) decorrenti dal deposito della domanda di mediazione ovvero dalla scadenza di quello concesso dal Giudice per il deposito della stessa. Tale termine massimo non è soggetto alla cd. “sospensione feriale” in quanto di natura non processuale.
Al primo incontro preliminare - che deve avvenire entro trenta giorni dal deposito della domanda - il mediatore dovrà verificare la possibilità di proseguire il tentativo di mediazione.
Dall’assenza di una parte senza giustificato motivo, il Giudice può desumere argomenti di prova ex art. 116, Codice di Procedura Civile.
La parte ingiustificatamente assente alla mediazione sarà condannata al pagamento di una somma pari al contributo unificato dovuto per il giudizio.
Il procedimento si snoderà come segue:
In questo caso, il mediatore può fare una proposta di accordo alle parti (oppure le parti stesse possono richiedere al mediatore di farla), che le parti sono libere di accettare o meno. Dopo la chiusura del tentativo di mediazione, le parti interessate sono libere di iniziare l’azione giudiziaria. Il mancato accordo sulla proposta del conciliatore, come vedremo, potrà produrre effetti sulle spese di lite del successivo giudizio.
III. Indennità.
Un delle maggiori novità introdotte riguarda la gratuità del primo incontro (eccetto che per le spese di avvio) : in caso di esito negativo del primo incontro (formalizzazione di mancato accordo), la condizione di procedibilità si ritiene comunque soddisfatta e nessuna indennità è dovuta all’organismo di mediazione.
Nessuna indennità di mediazione è comunque dovuta dalla parte che si trovi nelle condizioni per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, ai sensi dell’articolo 76, comma 1, D.P.R. del 30 maggio 2002, n. 115.
IV. Spese giudiziali.
All’esito del processo civile, se il provvedimento del giudice corrisponde integralmente al contenuto della proposta conciliativa, il giudice
V. Riservatezza.
Dovranno in ogni caso essere garantite sia la riservatezza del procedimento che l’imparzialità e la professionalità del mediatore. In particolare, il mediatore e chiunque presti la propria opera nell’ambito del procedimento di mediazione sono tenuti all’obbligo di riservatezza rispetto alle informazioni acquisite durante il procedimento medesimo, che non potranno essere utilizzate nel successivo eventuale giudizio, né formare oggetto di prova testimoniale.
Il mediatore è altresì tenuto alla riservatezza sulle informazioni acquisite da ciascuna parte nel corso delle sessioni separate, che non potrà rivelare all’altra parte in assenza di esplicita autorizzazione.
VI. Obbligo di informazione.
Gli avvocati hanno l’obbligo di avvertire preventivamente per iscritto i loro clienti della possibilità di rivolgersi ad istituti di mediazione anziché adire gli organi giurisdizionali, con conseguente annullabilità dell’eventuale mandato tra cliente e avvocato privo di una tale informazione.
L’avvocato che assiste al procedimento di mediazione deve altresì sottoscrivere il verbale di accordo concluso davanti al mediatore affinché lo stesso possa essere omologato.
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